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IL TERRITORIO DEI “CASALI DI COSENZA” DURANTE IL MEDIOEVO RACCONTATO TRAMITE NOTE STORICHE

L’Agricoltura calabrese raccontata attraverso le fonti storiche

Cosentini in fuga ?

Al tempo dell’Unità d’Italia, sulla base delle affermazioni dell’Aceti e di alcuni scrittori successivi che le accolsero acriticamente, l’Andreotti identifica l’origine dei “Casali di Cosenza” durante la seconda metà del secolo X, come conseguenza delle incursioni dei Saraceni che, provocando la fuga di molti Cosentini dalla loro città, avrebbero così determinato la nascita di questi nuovi centri.[i]

Le tesi dell’Andreotti, prive del sostegno di prove documentate, che stabiliscono l’origine dei “Casali” a seguito di una filiazione prodottasi dalla civitas medievale, non offrono riferimenti compatibili con ciò che noi conosciamo dell’originaria struttura di “Consentia” (sec. IV a. C.): realtà urbana qualificata dalle fonti come “metropoli dei Brettî”,[ii] posta a capo di una confederazione (ϰοινὴν πολιτείαν)[iii] e, soprattutto, con l’economia silvo-pastorale dei Casali silani, che li caratterizzò sin dall’antichità, e che fu mantenuta ancora per tutta l’età moderna. Questi Casali abitati da pastori, infatti, posti alle falde dell’altopiano e ai margini della grande foresta silana, dove le condizioni ambientali consentivano l’insediamento umano, possono essere ascritti certamente ad una fase precedente, rispetto alla città metropolitana che, invece, fu centro di accumulo e di scambio per quest’area fin dalle sue origini.

Discendenti dagli antichi Brettii che, per essere stati fedeli alleati di Annibale durante la seconda guerra punica, furono privati di gran parte del loro territorio (χώραν), come riferisce Appiano,[iv] e costretti a cedere ai Romani la metà della selva chiamata Sila (Σίλα),[v] i pastori “Cosentini” dei Casali silani, “li quali sono huomini terribili”,[vi] durante la loro transumanza, al termine dell’estate, “calavano” con le mandrie alla “marine” del Crotonese da tempo immemorabile, come troviamo già negli Εἰδύλλια di Teocrito (sec. IV-III a.C.), soggiornando in pianura, senza alcuna interruzione, circa sei mesi lontano dalle proprie case poste in quelli che saranno detti i “Casali de Cosenza”, i quali, di conseguenza, rimanevano del tutto spopolati durante l’inverno.[vii] Una condizione che, come testimoniano i protocolli dei notari delle terre del Marchesato di Crotone, dove li ritroviamo spesso insediati, sia stabilmente che in qualità di “habitanti”, consolidò forti legami tra le popolazioni del Crotonese e questi “Cosentini” durante tutta la storia antica e moderna, troncati solo con l’abbandono di tale nomadismo dopo l’ultima guerra mondiale.[viii]

Ma non solo. Sappiamo infatti che questa forma d’insediamento sparsa in “casali”, caratterizzò anche altre realtà dell’area collinare interna della Calabria centrale, poste a ridosso del massiccio silano. Al tempo di re Alfonso I d’Aragona, i cittadini di Taverna chiedevano al sovrano di essere “sempre tractati como cosenza che ab Antiquo vixe in demanio”,[ix] e di essere “franchi alle sile et tenimenta de Cosenza et soy distrecto senza pagare erbagii glandagii dohane et omni altra raysone de corte et cussi loro vadano in comune et siano franchi alo tenimento de Taberna como li propri citadini et nullo altro Citatino de calabria hagia tale comunitate con loro terre ne ville § placet regie ma.ti.”[x]

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Ultima modifica 5 Settembre 2023

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